art writing

I siti web sono l’arte del nostro tempo.

I siti web sono l’oggetto artistico più importante e radicale del nostro tempo.

Poiché Internet non è solo un “altro media”, come i vecchi media continuano a sostenere, quanto piuttosto uno “spazio”, simile al continente americano immediatamente dopo la sua scoperta – tutto ciò che può essere trovato sul Web ha una presenza fisica. E’ un “bene immobile”. Incontrare un logo, un’immagine o un’animazione in Internet, è un’esperienza totalmente differente dal trovare gli stessi elementi sulla stampa o alla TV.

Le “cose” in Internet esistono in una specifica posizione. Mentre nei giornali o in televisione i contenuti assumono prevalentemente la natura di “proiettili d’informazione”, online essi formano un corpo: sono parti di un nuovo genere. Sono “entità Web”. Queste “creature” sono a volte mix di componenti umane e software (Google per fare un esempio), altre volte invece sono costituite unicamente d’informazione, come nel caso di Googlism.com, un sito in grado di creare un ritratto di ciascuno di noi, raccogliendo frammenti di descrizioni proprio da Google (1).

La maggior parte delle “entità Web” sono entità sociali. Si mantengono in contatto e si danno reciprocamente notizie circa la propria esistenza. Simili all’umano divenire, esse si valutano, si criticano e si “linkano” l’un con l’altro, e, da ultimo, sviluppano un proprio “gusto”, una propria estetica.

Bobb Dobbs (un amico di McLuhan) disse: “pubblicità è comunicazione tra macchine”. Egli inoltre ha rilevato che le macchine hanno cominciato a sviluppare una propria vita e che “ora sono in uno stato angelico”, dunque: “pubblicità è comunicazione tra angeli”. … Read full text

I siti web sono l’arte del nostro tempo.

I siti web sono l’oggetto artistico più importante e radicale del nostro tempo.

Poiché Internet non è solo un “altro media”, come i vecchi media continuano a sostenere, quanto piuttosto uno “spazio”, simile al continente americano immediatamente dopo la sua scoperta – tutto ciò che può essere trovato sul Web ha una presenza fisica. E’ un “bene immobile”. Incontrare un logo, un’immagine o un’animazione in Internet, è un’esperienza totalmente differente dal trovare gli stessi elementi sulla stampa o alla TV.

Le “cose” in Internet esistono in una specifica posizione. Mentre nei giornali o in televisione i contenuti assumono prevalentemente la natura di “proiettili d’informazione”, online essi formano un corpo: sono parti di un nuovo genere. Sono “entità Web”. Queste “creature” sono a volte mix di componenti umane e software (Google per fare un esempio), altre volte invece sono costituite unicamente d’informazione, come nel caso di Googlism.com, un sito in grado di creare un ritratto di ciascuno di noi, raccogliendo frammenti di descrizioni proprio da Google (1).

La maggior parte delle “entità Web” sono entità sociali. Si mantengono in contatto e si danno reciprocamente notizie circa la propria esistenza. Simili all’umano divenire, esse si valutano, si criticano e si “linkano” l’un con l’altro, e, da ultimo, sviluppano un proprio “gusto”, una propria estetica.

Bobb Dobbs (un amico di McLuhan) disse: “pubblicità è comunicazione tra macchine”. Egli inoltre ha rilevato che le macchine hanno cominciato a sviluppare una propria vita e che “ora sono in uno stato angelico”, dunque: “pubblicità è comunicazione tra angeli”.

Bene, alcune di queste “entità Web” – o le dovremmo chiamare semplicemente “angeli”? - comunicano già in maniera molto “graziosa”. Come risultato, un nuovo tipo di “arte”, o meglio qualcosa che potrebbe in seguito divenire arte, può essere trovata in alcuni siti web. Ma dove esattamente?

Lo spirito Telic.
Il Web è, né più né meno,ciò che il mondo è sempre stato: territori sconosciuti e inospitali che sono gradualmente trasformati in un paesaggio domestico. Dalle Alpi ai giardini giapponesi lo scenario è questo: l’illusoria promessa di ordine e sistema. Tuttavia, ancora oggi, le semplici rocce e la sabbia nei giardini giapponesi ben riusciti sono buchi neri e caos. Il Web si origina da tale caos. In qualche modo deriva direttamente dal cavallo di Troia descritto nell’Iliade di Omero, e ora noi siamo tanti Ulisse persi di nuovo nel mare. Ma non viaggiamo soli: c’è uno spirito speciale che ci aiuta ed è lo spirito Telic.

Telic è la nostra relazione con gli strumenti che ci consentono di disegnare il mondo e di vedere le cose in prospettiva. Lo possiamo trovare nei telefoni cellulari, nei computer ed anche nel modo in cui sono fatti le nostre case ed i nostri vestiti. I nostri tempi sono Telic. Telic identifica qualcosa che è diretto, o che tende verso un obiettivo, uno scopo. Lo spirito Telic è “finalizzato”. Per esempio: “guido la mia auto verso Los Angeles” è un’affermazione nello spirito Telic; “guido la mia auto” non lo è. Telos, in greco, significa “la fine” o lo “scopo”. Telic crede fermamente che questo sia Telic (potresti non arrivare mai a Los Angeles, potresti infatti scontrarti con un albero o contro qualcos’altro). Lo spirito Telic è supercreativo, a volte anche in maniera ossessiva. E’ serio. Vuole spiegare anche il più piccolo dettaglio. Si dilungherà in note a piè di pagina e riferimenti. Telic non ha un proprio gusto. Può essere sgraziato come un computer IBM.

Di solito gli autori e gli artisti che si identificano nello spirito Telic, lavorano nell’industria della tecnologia, oppure insegnano all’Università. Sopravvivono grazie ai finanziamenti che altri esponenti Telic gestiscono, ed evitano il mondo dell’arte, che dal canto suo li ignora completamente. Ma lo spirito Telic dà forma al mondo. Come J. G. Ballard ha scritto: “La scienza e la tecnologia si moltiplicano intorno a noi. (…) Impongono i linguaggi dei quali ci serviamo per parlare e pensare. L’alternativa è tra utilizzare quei l

Da gli, il rinnovato spirito di Pollock (o di Max Ernst, di Janet Sobel, di Andre Masson, di Mike Bidlo e magari anche de gli Navajos) aiuterebbe chiunque, ovunque si trova, a realizzare una perfetta pittura, l’opera più monumentale del nostro nuovo secolo! Altri programmatori e artisti poi-ho sognato- si sarebbero immediattamente appropriati del programma e l’avrebbero arrichito (magari con musica generata da ogni drip?) a tale punto che quel piccolo sputo si sarebbe trasformato in un opera infinitamente NEEN!

Lo spirito Telic. conferisce senso a quei linguaggi, ma la domanda da porci è se vogliamo veramente costruire sensi. Perché dovremmo essere così addomesticati e produttivi? Perché il design che produciamo diventa a volte così insignificante (innocuo) che anche le aziende più noiose si sentono a proprio agio nello sponsorizzarlo e nell’utilizzarlo come proprio banner?

Dopo tutto, sappiamo come possa essere frustrante un viaggio in Internet. Si può facilmente avvertire la sensazione di trovarsi in un mercato delle pulci, con persone che ti offrono mercanzie in ogni angolo, un incubo, completato dai buffoni occasionali che forniscono un volgare intrattenimento con i propri siti web. E se vogliamo soffermarci sulla creatività, dobbiamo rilevare come tutto ciò che di solito troviamo è “ispirato” ad un unico stile: quello che possiamo chiamare “il Martha Stewarts della Rete”, una sorta di Ikea statunitense molto attiva sul Web: prodotti per la casa caratterizzati da un “design” accessibile a tutte le tasche. Alla fine cominci a sperare che ci sia in qualche posto una società segreta; qualcuno che sappia regalarti emozioni in maniera diretta, anche dopo che avrai chiuso il tuo browser. Desideri che ci sia qualche sito web in grado di offrirti l’attesa metafisica della pittura. Desideri il Neen.

Neen è una cornice del pensiero.
“So con sicurezza che ci sono luoghi in Internet che nessuno conosce e di cui nessuno si preoccupa, ed all’interno di questi milieu, delle sensibilità molto specializzate si stanno evolvendo” (William Gibson, 2003) (2)

Neen è il piccolo fratello matto di Telic. Inventato dalla Lexicon, compagnia specializzata in branding (per intenderci sono i creatori di marchi quali: Pentium, Powerbook, e centinaia d’altri), Neen afferma la propria esistenza nella realizzazione di idee, animazioni, suoni, parole e comportamenti che sono, senza alcun dubbio, Neen. Un gruppo di persone provenienti dai quattro angoli del pianeta hanno cominciato a parlare di Neen nel 2001. Queste persone si sono anche incontrate, alcune online ed altre di persona, e hanno cominciato a condividere le proprie esperienze. Un nuovo movimento artistico è nato, il primo del ventunesimo secolo. Ma, nonostante tutto questo, Neen è ancora prevalentemente un concetto che ha una propria vita, indipendente dalle attività delle persone che lo praticano.

Una persona che pensa al Neen è un Neenster, mentre chi veramente pratica il Neen è un Neenstar. Ciò che un Neenstar fa, può sembrare in alcuni casi stupido, ma solo perché è semplice e sbalorditivo. Un Neenstar non prova a costruire senso (significati); egli/ella non soffre di alcuno stress produttivo e non rispetta un modello predefinito. Il sogno di un Neenstar è di diventare una speciale icona – ma non il tipo di icona che normalmente troviamo nelle riviste. Un Neenstar inizia la propria carriera diventando un’icona della propria immaginazione. Successivamente proietta quell’icona verso l’esterno come se fosse un qualcosa di concreto.

L’identità non è una priorità per un Neenstar, piuttosto un Neenstar la renderà un feticcio in ogni modo possibile e la utilizzerà come uno stile: questo è un modo molto rapido di produrre contenuto. A differenza degli artisti dell’ ”arte contemporanea”, un Neenstar cambierà spesso la propria identità adattandola alle necessità del caso: Neen è in definitiva uno stato d’animo. Persone come Lucio Fontana, che dipingeva semplicemente squarciando la tela, sono state Neen prima del Neen.

Poiché Internet è il miglior posto possibile per far pratica con la propria inerzia, i Neenstar passano moltissimo tempo online. Sono amici dell’informazione e non Utilizzatori come le persone Telic. La parola “cute” (carino, grazioso), che ha una dubbia reputazione in Occidente mentre è molto rispettata in Asia, descrive nella maggior parte dei casi un’opera Neen. Ma il Neen è anche un “carino militante”, uno stile ‘Comme des Garçons’ per i vostri cervelli. I Neenstar sono ossessionati dai nomi. Essi faranno ricerche in Internet per vedere se il dominio corrispondente al nuovo nome che hanno appena immaginato sia disponibile. Se sarà libero, lo registreranno ed immediatamente dopo realizzeranno qualcosa di fresco e lo metteranno online. Ovviamente non si tratterà di niente che abbia a che fare con il solito sito web, con i consueti link, informazioni utili e materiali vari. Sarà invece qualcosa di minimale, strano e romantico.

I Neenstar faranno delle pagine web quello di cui sono alla ricerca in Internet: qualcosa mai visto prima, un nuovo oggetto artistico.

“E’ veramente interessante...(E’ vero Jeffrey?)” (3)
L’ “arte contemporanea”, l’arte del secolo passato, è stata basata prevalentemente sul seguente principio: “se metti qualcosa in una stanza vuota, quel qualcosa appare strano e significante”. Una variazione è stata: “se tu togli un qualcosa dal proprio contesto, quel qualcosa appare strano e significante”. Un’altra ancora è stata: “se tu cambi il parametro di giudizio di un qualcosa, quel qualcosa appare strano e significante”, ed infine l’ultima: “se tu moltiplichi qualcosa, anche in questo caso, quel qualcosa appare strano e significante”. Tuttavia dopo ottant’anni di differenti combinazioni di qualsiasi tipo d’oggetto nello spazio disperatamente vuoto delle nostre istituzioni artistiche, nulla sembra davvero interessante. Vediamo chiaramente come quella che si suppone sia “arte”, non è altro che spazzatura, solo qualche prodotto comprato in un grande magazzino o un’illustrazione fotografica. Fuori di Internet non c’è gloria. Gli artisti che si muovono fuori da Internet sono solo impiegati freelance di altri impiegati (i curatori delle mostre). Lavorare per qualcun altro non è necessariamente una cattiva cosa: dopo tutto, quante stupende immagini religiose sono state prodotte nel passato! Il problema comincia invece quando il committente non ha la minima idea di che cosa vuole da te. La maggior parte dei curatori e dei committenti d’arte oggi non chiedono mai nulla di specifico agli artisti che scelgono. Essi vogliono una “storia” e gli artisti devono fornirla: devono mostrare ancora, per l’ennesima volta, quello per cui (gli artisti) sono già conosciuti. E’ un loop internazionale e le mostre sono infatti dei test di controllo dell’identità. Le istituzioni conferiscono ai curatori potere e fiducia in se stessi. Non è previsto in alcun modo che essi debbano cercare qualche oggetto mai visto prima, piuttosto devono individuare forme di espressione umana già sperimentate, che riporteranno dietro ai propri committenti, come un cane ben addestrato farebbe con la propria palla. Sono solo storie campione…

Nessuna meraviglia dunque che tutte le esibizioni d’arte di alto livello come Whitney Biennial, Documenta in Kassel, Manifesta e la Biennale di Venezia, siano tutte identiche e tutte appaiano come il giorno della consegna dei diplomi per studenti di antropologia. In queste “mostre” qualsiasi rappresentazione realistica potrebbe essere utilizzata come un’illustrazione per il “National Geographic”, mentre ogni opera astratta diventa mera decorazione. Il Mondo dell’Arte è rilassato ed aperto a tutto, perché sa bene che nulla di particolare accadrà mai. Anche se la galleria rimane vuota, il pubblico cercherà l’etichetta con il nome dell’artista che ha realizzato il “lavoro” e sarà soddisfatto in un modo o nell’altro. Palloncini, letti, pollastri. Lo “spazio reale” ha perso il proprio vuoto. Ma in Internet, dove lo spazio è creato dal software e dall’immaginazione casuale, una pagina web vuota è veramente vuota. Le persone e le ”entità Web” (“angeli”), possono ancora inventare oggetti inaspettati e metterli lì.

"Collezionisti"
Poiché l’arte è in definitiva il potere di porre una forma nel caos, chiunque è indaffarato con forme e concetti è un artista. Il che oggi ci porta ad includere “curatori”, “galleristi”, “operatori museali” ed anche i “collezionisti”. Sono tutti artisti, la maggior parte di essi pessimi, ma pur sempre artisti. Un collezionista ha comunque anche un altro lavoro. Poiché ha la proprietà, egli decide che cosa deve sopravvivere. Dopo tutto, questo è il suo medium artistico: il potere di mantenere in vita un’opera. Mai questo potere è stato così importante come per un collezionista di siti web. Ancora molte poche persone sono abbastanza “fighe” da collezionare siti. Richiede intuizione e coraggio. E’ simile all’acquisto di un appartamento in un ghetto di Harlem (NY). Devi prenderti dei rischi. Tutti possono invece passeggiare in una delle gallerie Gagosian ed acquistare dell’arte contemporanea. E’ facile come acquistare vestiti griffati: la casa che vende i prodotti garantisce il loro valore ed ottieni quello per cui paghi: un certificato di autenticità gigantesco con qualche immagine sul davanti.

Quando compri arte contemporanea, compri una copia di qualcosa che appartiene già ad un museo, perché i musei d’arte contemporanea sono fatti specificamente per questo tipo di arte e, prima o poi, ospiteranno tutto quanto è prodotto dalle principali gallerie. E’ un’industria di memorabilia. In questo caso, collezionare non è un’avventura, ma un’esperienza banale, come aprire un altro conto di risparmio. Larry Gagosian definisce, con sorprendente sincerità, “clienti” i propri collezionisti. Va bene essere un cliente, ma è enormemente più interessante essere un collezionista di siti web. Il collezionista di un sito ha il pieno controllo delle opere che possiede, perché l’arte in un sito non è l’animazione o il codice o le immagini che esso contiene, ma l’esperienza di tutto ciò che è in un unico posto, da qualche parte nel cyberspace, sotto lo stesso nome. Ciò che un collezionista di siti web acquista, è un contratto che gli trasferisce la proprietà del dominio - il posto dove l’opera esiste davvero. Se un giorno egli decidesse di non pagare il prezzo dello hosting, l’opera scomparirebbe. Puoi bruciare un dipinto, ma una sua fotografia permetterà sempre a qualcuno di riprodurla. Non è lo stesso con i siti web, tuttavia. Il nome del sito tornerà nella cerchia dei domini disponibili. L’intera opera scomparirà, come se non fosse mai esistita.

Collezionare un sito web è un viaggio in una “villa” segreta. Se un collezionista decide di mantenere quella esperienza solo per se stesso, può inserire una password nella pagina e nessuno sarà più in grado di entrarvi. Egli chiuderà la villa e manterrà l’arte segreta, e questo è accettabile. Ma se deciderà di lasciare l’opera accessibile al pubblico, proverà l’emozione del massimo sentimento di proprietà. Sei il proprietario dell’arte di cui tutti possono godere ma che solo tu possiedi. In tempi in cui ciascuno può possedere tutto, il solo vero affascinante collezionismo è quello di collezionare siti web ed altri oggetti artistici digitali. Le opere che non sono ancora considerate arte ma che diventeranno arte in seguito.

Miltos Manetas, 2002-2004



NOTES
(1)
Googlism for: miltos manetas miltos manetas is the net miltos manetas is best known in miltos manetas is lying on a brown psychoanalyst's couch that constitutes the only colorful furniture in the entire white and gray loft that he inhabits with miltos manetas is an artist miltos manetas is similar miltos manetas is known for his paintings of computer hardware and vibracolor prints miltos manetas is one of the artists who addresses these mixed messages miltos manetas is a greek artist who works and lives between los angeles and new york city miltos manetas is not an evil force magdalena sawon miltos manetas is a ny/la miltos manetas is an artist whose paintings mostly explore the realm of computers

(2)
William Gibson intervistato da Eric S. Elkins. http://www.ugo.com/channels/freestyle/features/williamgibson

(3)
Jeffrey Deitch, “Everything That’s interesting is New” - 1996